Se fianco a fianco è difficile. Ovvero come essere un buon capo anche per quei dipendenti con i quali il manager non andrebbe nemmeno a pranzo.
Qual è la strada migliore per dimostrare di essere un buon capo anche per quei dipendenti con i quali il manager non andrebbe nemmeno a pranzo, se si vuole evitare di fingere di apprezzare ogni elemento del team? Una domanda di non così semplice soluzione, ma che va affrontata tenendo presente le parole di Ben Dattner, psicologo e autore di “The Blame Game”: «Piacersi non è una componente fondamentale per il successo di un’organizzazione».
Se da un lato è impossibile creare un team di lavoro composto da tutte persone che invitereste a casa al vostro barbecue di fine estate, dall’altro è utile soffermarsi su quali siano gli aspetti che generano fastidio, e indagarne i perché. Potrebbe essere perché l’impiegata ricorda una zia insopportabile, oppure perché un collaboratore sembra troppo simile a voi, l’importante a volte è semplicemente essere capaci di avviare un cambio di prospettiva.
Essere professionali e gentili con tutti è di certo il primo comportamento da tenere presente, ma anche tenere presente che in nessuna persona è concentrato il 100% di elementi negativi può aiutare. In ogni caso, ricordarsi di essere onesti con se stessi e verso i collaboratori, evitando di caricare negativamente un rapporto solo perché proviene da quell’impiegato in particolare, e di tenere aperta la mente al possibile cambio di prospettiva nei confronti del collaboratore, sono i due consigli principali.
Le difficoltà personali potrebbero infatti trasformarsi in un’importante risorsa per il business aziendale, qualora le posizioni si confrontassero in maniera dialettica, sempre a patto di non cadere nell’errore di evitare a tutti i costi di lavorare fianco a fianco con il membro del team che non va giù. Manifestare apertamente il proprio atteggiamento negativo può infatti rivelarsi un vero boomerang.